giovedì 16 maggio 2013

Milano città insicura. Ma non pericolosa.

 
Vorrei dire, da ragazzo ventunenne di Milano,  che in questi giorni secondo me (secondo me!) sta passando un messaggio sbagliato  o comunque impreciso.
Ci tengo a dire  che secondo il mio modestissimo punto di vista Milano NON è una città pericolosa. Dico; NON è una città pericolosa. Qualsiasi stile di vita è più o meno tollerato. Di fatto puoi trovare qualsiasi cosa e qualsiasi stimolo. Per ottenere una cosa basta volerla seriamente ottenere o comunque qui sembra più semplice avere ciò che si vuole rispetto a molte altre città d’Italia. Il vero problema non è l’immigrato, non è il caso umano di colore, non è il terrone, non è l’ex “cuemino”, non è nemmeno il rumeno che stupra qualsiasi buco. Magari fosse così facile. Sarebbe più semplice se l’essere umano fosse criminale per nascita o per caratteristiche anatomiche.
Meglio ancora se ci fosse una precisa nazione predisposta alla violenza, all’evasione, alla rabbia repressa o alla ninfomania. Basterebbe chiudere le porte e qualsiasi contatto con queste nazioni. Il vero problema di Milano non sono le persone che ci abitano da sempre o le persone che vengono ad abitarci. Perché Milano, è sempre stata terra di passaggio. Il vero problema (connesso al precedente) è l’anonimia, queste immense costruzioni di palazzi (in)venduti a 5mila€ al mq che rimangono vuoti perché erette in una città completamente sommersa da smog, senza o con poco e mal curato verde e perché la gente per stile e costo della
vita preferisce andare a vivere in provincia. Il vero problema è questa silenziosissima perdita d’identità; se è vero che siamo ciò che costruiamo e se è vero che siamo ciò che rappresentiamo, noi chi siamo? Siamo i grattacieli in Gae Aulenti? O le case a schiera? Siamo il prestinaio di fiducia ma che a stento rimane aperto? O siamo quelle gigantesche insegne dei centri commerciali uguali a qualsiasi altre insegne messe in qualsiasi altra città del mondo? Siamo quelle sale da gioco che ogni giorno ci rubano sempre più tempo, più danaro e spazi per creare nuovi spazi culturali? O siamo gli spazi autogestiti dal cittadino come centro di aggregazione? Perché, come ho già scritto, una cosa meno è radicata e meno appartiene. E possiamo essere solo una delle due cose per creare un nuovo ordine. Il problema reale è che Milano da tempo, per rispondere a certe aspettative, ha smesso di essere la Milano vera. Siamo una città vetrina il cui magazzino (cioè, chi ci vive) inquieto quando scoppia viene represso. Siamo semplicemente la copia dell’immagine che vorremmo dare a questa città. Ma che di fatto non c’è. Il vero problema è che quando i problemi che si potrebbero gestire con diplomazia e con una buona (ma assente) politica diventano radicati e ingestibili a tal punto da diventare una perfetta quotidianità, allora diviene più facile andare contro l’Altro e attraverso l’Altro esorcizzare l’inquietudine di vivere in uno spazio che non ci rappresenta più. E se invece il vero stupratore di questa città non fosse un uomo magari rumeno o di colore ma una gru, l’ avvoltoio graffiante che stupra terreni ancora vergini e simbolo delle nostre scelte? Le città è chiaro, cambiano e si trasformano attraverso delle risoluzioni ben precise. Ma se fossero proprio le nostre stesse scelte attuali a violentarci? Dovremmo avere la forza di cadere, crollare. Far crollare ogni ecomostro ed ogni inutile lamento urbano contemporaneo. Perché nient’altro siamo che le immagini che scegliamo come rappresentazioni. E se costruiamo mostri e incivile cemento invivibile, solo mostri che non sanno più vivere diventiamo. Ma questo non lo faremo: perché per costruire ci vuole solo una firma ad un permesso. Per distruggere e lasciar crollare invece serve molta più forza e  nemmeno a dirlo..... anche più onestà intellettuale.







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